Oggi ho finalmente finito di vedere The Bear.
Non sopporto molto l’uso del finalmente, soprattutto perché lo trovo esageratamente abusato in troppi titoli click-bait online.
Eppure, lo trovo corretto per questo contesto, considerando che la quarta stagione si è conclusa a giugno di quest’anno, mentre io avevo ancora in coda di visione episodi del 2022.
Infatti, avevo visto la prima stagione con un po’ di ritardo dopo l’arrivo su Disney+ e l’avevo trovata un po’ di difficile visione, soprattutto per l’alta attenzione che richiedeva e un ritmo un po’ lento, decisamente incompatibile con una visione serale, a fine giornata lavorativa.
Ma lo scoglio vero è arrivato con la seconda stagione, abbandonata a meno di metà perché proprio non trovavo interessante l’arco narrativo della stagione.
Finché un mesetto fa non mi sono fatto forza per superare questo scoglio, e sono poi approdato alla terza e quarta stagione che ho oggettivamente divorato, fino ad arrivare a questa chiusura molto emozionante che tira le somme in un bellissima puntata finale che rimette al centro il tema del lutto, la pericolosità del non detto nei rapporti interpersonali e l’eterna ricerca di sè.
È una serie dal forte impatto emotivo, che non si risparmia nell’inumidire gli occhi e nel farti innervosire per i comportamenti di certi personaggi, che hanno però un’ottima scrittura e risultano sempre coerenti con se stessi e il loro percorso di evoluzione, oltre a essere magistralmente ritratti da un ottimo cast. E come tutte le serie difficili, ti lascia scosso e sconquassato.
Un paragrafo a parte – ma anche conoscenze tecniche più approfondite – servirebbero per parlare dell’aspetto estetico, con una fotografia molto bella, sopratutto quando lavora di dettaglio e diventa ossessiva come è ossessivo il lavoro della cucina del The Bear, e un’ottima regia.
E, ciliegina sulla torta, diverse chicche musicali scelte come accompagnamento.

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